Alcuni funghi e batteri sono in grado di respirare senza ossigeno in un processo che viene definito “fermentazione” o respirazione anaerobica. Il processo di fermentazione è un passaggio importante nella tecnologia di panificazione per ottenere pane di buona qualità in quanto i composti rilasciati da parte dei microrganismi hanno una grande influenza sulla reologia, sul volume, sulla consistenza e sul gusto del prodotto finale. La velocità e la qualità della fermentazione è fortemente influenzata dalle prestazioni del microbiota e dalle condizioni di fermentazione a cui viene sottoposto.

Pertanto, oggi parleremo del pane ottenuto dai tre casi di applicazione del metodo con differente substrato di fermentazione.

E’ risaputo che il lievito di birra è il principale starter microbico utilizzato per la preparazione di prodotti da forno. Oltre alla fermentazione negli impasti trova applicazione nei processi di produzione di birra, alcool, vino e vari alimenti fermentati. Saccharomyces cerevisiae è il ceppo di lievito commerciale più diffuso nelle pratiche di fermentazione alimentare. Lo scopo primario del suo utilizzo nel processo di panificazione è la produzione di biossido di carbonio per la sua azione lievitante. Tuttavia non dovrebbe essere sottovaluto il contributo del lievito sull’impasto esercitato attraverso la produzione di altri metaboliti, diversi dall’anidride carbonica, i quali influenzano direttamente le proprietà delle proteine del glutine inducendo importanti cambiamenti reologici durante la fermentazione e di conseguenza sulla qualità del prodotto finale.

Le prestazioni del lievito durante il processo fermentativo sono influenzate da diversi fattori tra cui gli ingredienti dell’impasto, le condizioni di fermentazione, il tipo di ceppo utilizzato e le condizioni di pre-crescita.

L’impasto del pane è una matrice complessa che influenza il tasso di fermentazione delle cellule di lievito che all’interno consumano gli zuccheri fermentabili presenti generando metaboliti primari quali anidride carbonica ed etanolo, responsabili della lievitazione dell’impasto durante la fase di fermentazione e l’aumento di volume durante la cottura, e secondari, quali glicerolo, composti aromatici e acidi organici, che hanno un impatto importante sul processo di panificazione. 1 gr di zuccheri esosi vengono convertiti prevalentemente in alcol (0,48 g), biossido di carbonio (0,48 g), piccole quantità di glicerolo (0,002-0,003 g) e tracce di composti (0,0005 g) tra cui alcoli, esteri, aldeidi e acidi organici. L’anidride carbonica si dissolve nell’impasto sino a che quest’ultimo diventa saturo. Successivamente, l’eccesso allo stato gassoso determina la formazione di bolle che provocano la lievitazione.

Oltre a questo effetto, la fermentazione ha impatto sul modo in cui le proteine del glutine interagiscono nell’impasto e sullo stato di aggregazione che si genera, ed è plausibile ipotizzare che questi effetti possano essere indotti dai metaboliti secondari e in particolar modo dall’acido succinico.

L’acido succinico è responsabile delle variazioni di pH nell’impasto e influenza in modo significativo le proprietà reologiche del glutine, determinando una diminuzione della stabilità dell’impasto e una riduzione nell’estensibilità. Al contempo è stata osservato un aumento della capacità di ritenzione idrica della farina, in funzione della concentrazione di acido succinico, e una drastica diminuzione dell’agglomerato di glutine. Questi risultati suggeriscono che la sua presenza nell’impasto possa portare ad un aumento delle cariche positive sulle molecole di glutine, con conseguente repulsione elettrostatica all’interno e tra le molecole delle stesse proteine. Ciò indebolisce le interazioni e potrebbe impedire la formazione di nuovi legami, rendendo l’impasto meno estensibile, ma in seguito a cottura, molto più scioglievole e digeribile.

Diversi sono gli studi che hanno approfondito i meccanismi alla base dei cambiamenti dovuti alle proprietà del lievito che si verificano durante la fermentazione.

È chiaro che in normali condizioni, l’accumulo e la percentuale di metaboliti secondari avviene in maniera graduale, soprattutto in processi fermentativi di breve durata, e dunque risulterebbe insufficiente a determinare gli effetti sopra descritti, che si verificano prevalentemente in fase anaerobica di fermentazione.

In contrasto con il metodo classico di panificazione, Saccharomyces cerevisiae può essere sfruttato in condizioni anaerobiche totali in cui le cellule, senza ossigeno, fanno affidamento sulla fermentazione per ottenere la loro energia.

Più specificamente quando l’ossigeno è disponibile, S. cerevisiae si moltiplica in maniera ottimale, in condizioni invece di assenza di ossigeno, espelle rapidamente gas (principalmente anidride carbonica), alcool (principalmente etanolo) e metaboliti secondari.

L’ossigeno è un fattore molto importante, o addirittura nutriente, per la crescita del lievito che deve essere fornito in grandi quantità per ottimizzare la riproduzione cellulare e la crescita e prevenire o minimizzare l’escrezione di sottoprodotti. Attraverso la selezione di ceppi e condizioni di fermentazione, la produzione di lieviti commerciali si basa su l’ottimizzazione delle condizioni di crescita per ottenere un ottimale biomassa di lievito che abbia elevata abilità, quando incorporato nell’impasto, di utilizzare glucosio, saccarosio o maltosio il più rapidamente possibile e formare rapidamente gas. Non dimentichiamo che ciò che occorre in panetteria è un’alta attività enzimatica e di gassificazione. Dunque in fase di produzione è importantissimo accelerare la crescita logaritmica del lievito, minimizzare l’escrezione di etanolo e limitare la crescita di microrganismi indesiderati come lieviti selvatici o contaminanti batterici. In anaerobiosi il metabolismo del levito si sposta da respirativo a fermentativo. S. cerevisiae può utilizzare glucosio in condizioni di anaerobiosi, ma avrà difficoltà a crescere, poiché l’assenza di ossigeno non permette la sintesi di alcuni composti che servono alla funzionalità delle membrane cellulari.  In condizioni naturali, quando l’ossigeno si esaurisce, la respirazione diventa anaerobica e il lievito produce anidride carbonica ed etanolo, il tasso di crescita delle cellule rallenta e il tasso di fermentazione aumenta. L’impatto di una fermentazione anaerobica forzata e rigorosa, in cui la condizione di anaerobiosi sopraggiunge molto velocemente potrebbe determinare una massimizzazione del processo fermentativo, di scomposizione e metabolizzazione nonché di produzione di metaboliti secondari che andranno a condizionare sapore e digeribilità del prodotto finale.

Materiali e metodi:

Per questo scopo il metodo della fermentazione anaerobica resiliente (AR) è stato applicato ai seguenti materiali:

  1. impasto ottenuto utilizzando come starter Saccaromyces cerevisiae (lievito di birra commerciale);
  2. impasto ottenuto utilizzando come starter pasta acida (lievito madre) idratata al 47%;
  3. CO.LI (lievito madre in coltura liquida) idratato al 100%, rinfresco e fermentazione;

I materiali includono farina panificabile Tipo 1 W 220, acqua non clorata, sale, starter, fermentatore con valvola airlock, misuratore di pH testo 206-pH2.

  1. Impasto ottenuto utilizzando come starter Saccaromyces cerevisiae (lievito di birra commerciale);

Impasto con 1000 gr di farina 220 W, 800 gr di acqua (19°C), 20 gr di sale, 1 gr di lievito fresco. La massa è stata suddivisa in 4 parti di ugual peso, collocate in 4 recipienti, uno coperto da plastica, uno da tessuto, un altro ermetico e un altro in condizione anaerobica resiliente.

È stato lasciato fermentare per 16 ore, stagliato e lasciato riposare per 30 minuti.

Formatura e appretto di 1 ora a 24 °C.

Cottura a scalare e contemporanea nello stesso forno per tutti i campioni, con ingresso a 240° C per 10 minuti e a 200°Cper il tempo rimanente;

  1. Impasto ottenuto utilizzando come starter pasta acida (lievito madre) idratata al 47%;

Misurazione del pH della pasta madre, pari a 3.85. Impasto con farina di grano tenero tipo 1 W 270, 20% pasta madre, 75% idratazione, 2% sale. Autolisi 1 ora, impasto in planetaria fino a incordatura, chiusura impasto a pH 5.26. La massa è stata suddivisa in 4 parti di ugual peso, collocate in 4 recipienti in vetro identici, diversi per la tipologia di chiusura, il primo coperto da un canovaccio, il secondo da una busta di plastica con un elastico, il terzo sigillato con guarnizione e coperchio, il quarto con valvola Airlock per fermentazione anaerobica resiliente. Atteso il raddoppio della massa, che è avvenuto negli stessi tempi per tutti e 4 campioni. Evidente condensa nei recipienti privati dell’apporto di ossigeno. Dopo 4 ore a 22° C è stata eseguita la misurazione del ph della massa fermentata: impasto coperto da un canovaccio (pH 4.58 e temperatura 26°C), impasto coperto da busta di plastica con un elastico (pH 4.06 e temperatura 26.8°C), impasto sigillato con guarnizione e coperchio senza fuoriuscita di gas (pH 4.02 e temperatura 26.7°C), impasto con valvola Airlock per fermentazione anaerobica resiliente con fuoriuscita di gas (pH 3.99 e temperatura 26.7°C).

Dunque la temperatura è risultata inversamente proporzionale al pH. A un abbassamento dei valori di pH corrisponde un aumento della temperatura, possibile indicazione di una fermentazione più vigorosa. Evidenti e pronunciate sacche d’aria in tutti i campioni. Preforma con pieghe, formatura e appretto a TC 4°C per 12 ore.

Cottura in pentola in ghisa con vapore con forno al massimo 250°C per i primi 3 minuti e poi a scalare. Dopo 20 minuti alla rimozione del coperchio la temperatura interna era di 99°C.

  1. CO.LI (lievito madre in coltura liquida) idratato al 100%, rinfrescofermentazione

200 gr di LI.CO.LI sono stati rinfrescati con 100 grammi di farina di Tipo 1 220 W e 200 gr di acqua e inseriti un recipiente ermetico con valvola airlock per fermentazione anaerobica resiliente. Il raddoppio è avvenuto in 4 ore alla temperatura di 27°C.

Il LI.CO.LI è stato usato per impastare un pane di farina di Segale e farina di grano Russello in percentuale del 20%.

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di verificare se il metodo di fermentazione anaerobica resiliente, applicato a 3 sistemi differenti, apportava miglioramenti qualitativi al prodotto finale.

Nell’esperimento n.1 sono stati valutati 4 parametri, aspetto visivo, struttura intera, crosta e masticabilità. Le differenze più rilevanti sono emerse a carico della crosta e della masticabilità.

Sebbene non ci fossero differenze di colore, la crosta del pane realizzato con l’impasto fermentato nel recipiente coperto dalla plastica è risulta normale, dura. Quello nel recipiente coperto dal panno, spessa e croccante, quello nel recipiente con chiusura ermetica, spessa e croccante mentre quello nel recipiente sottoposto a fermentazione anaerobica resiliente, sottile e croccante, quasi di cristallo. La gommosità e la masticazione sono gli aspetti che hanno interessato tuttavia le differenze più marcate, in quanto il pane realizzato con impasto sottoposto a fermentazione AR, presentava una rapida dissoluzione, dando la sensazione di sciogliersi in bocca.

Nell’esperimento n. 2 tutti e 4 i campioni hanno prodotto pane di forma regolare, con sezione uniforme e ben sviluppato (leggermente superiore lo sviluppo dei 3 pani in differenti condizioni anaerobiche). Crosta dorata, tendente al marrone, sottile, forse appena più scura nel pane con impasto coperto da canovaccio (forse maggiore disponibilità di zuccheri). Mollica di color crema omogeneo in tutte le parti, con alveolatura media ma irregolare nei 3 pani in condizione anaerobica, più stretta e regolare nel pane coperto da canovaccio. L’odore è di grano, si percepisce la differenza di acidità nel pane con impasto sottoposto a fermentazione AR, con carattere più acidulo e leggermente pungente (acido lattico). Non sgradevole. Sempre il campione sottoposto a fermentazione resiliente ha inoltre mostrato minore resistenza allo strappo e al morso rispetto agli altri campioni. In bocca fonde, si ha una diminuzione di volume rapida con poca saliva, non colloso e non pastoso. Anche gli altri impasti avevano ottima masticabilità ma la differenza era percettibile. Peso finale leggermente inferiore e perdita per evaporazione maggiore sono stati riscontrati nel pane con impasto sottoposto a fermentazione AR. Nell’esperimento n. 3 nel prodotto finito è stata riscontrata maggiore sofficità e un’acidità più marcata. La differenza più importante qui si osserva nella shelf life, in quanto dopo 6 giorni il pane si presentava perfettamente conservato.

La degradazione delle molecole e in particola delle proteine dei cereali nella fermentazione nei prodotti da forno è un fenomeno correlato all’acidità. L’acidificazione e la riduzione dei legami di solfuro delle proteine aumentano l’attività delle proteasi dei cereali e l’accessibilità al substrato.

Condizioni assolute di anaerobiosi resiliente potrebbero essere alla base di un metabolismo fermentativo ottimale, in cui i processi di scomposizione e fermentazione che avrebbero come risultato un prodotto da forno dalle eccezionali qualità organolettiche, vengono amplificati. Il sistema di scarico attraverso valvola airlock salvaguarderebbe dall’accumulo di gas, che potrebbero a determinate concentrazioni determinare l’effetto contrario, ovvero inibire la fermentazione stessa.

Gli importanti effetti di acidificazione sugli impasti sono d’altronde testimoniati dai sistemi di fermentazione con pasta acida e lievito naturale, in cui l’azione di acido lattico e acetico apportano profondi cambiamenti reologici.

Il sistema di fermentazione anerobica resiliente, applicato alla pasta acida, determina una maggiore produzione di acido lattico e incrementa il metabolismo fermentativo dei lieviti, come confermato dalla sperimentazione sugli impasti lievitati con pasta madre solida del test n. 2 condotto dalla biologa Silvia Marras coinvolta nella sperimentazione e nella formulazione di un ipotesi che possa spiegare i processi alla base di questo sistema innovativo, che trovano ulteriore conferma di una acidificazione ottimale nel test n. 2 del lievito in coltura liquida (LICOLI) effettuato dal panettiere Domenico Pezzimenti, professionista del settore da 35 anni. In questo caso una prolungata shef life è correlata a maggiore acidificazione.

 

Tuttavia, il contributo che il processo potrebbe apportare alla qualità del prodotto, nei sistemi basati su Saccaromyces cerevisiae, dunque nel test n. 1, condotto dall’ideatore Josep Pascual, permette applicazioni universali e vantaggiose in qualsiasi ambiente di produzione, andando ad elevare notevolmente la qualità del prodotto finale.

Notevoli miglioramenti nelle qualità nutrizionali e nell’aspetto inerente la digeribilità dei prodotti potrebbero essere raggiunti con l’applicazione del metodo a una vasta tipologia di prodotti da forno, dal pane, alle pizze, ai dolci.

Sebbene il meccanismo dietro questo effetto sulla reologia di impasto sia in parte sconosciuto, alcuni studi suggeriscono i metaboliti secondari, in particolare gli acidi organici,quali elementi chiave di un pane dalle qualità superiori.